La mostra dedicata all’artista milanese ma luinese d’azione sarà inaugurata sabato alla Piccola Galleria del Disegno di Cuvio, in via XXV Aprile. Il catalogo curato da GaEle, la casa editrice fondata da Maria Elena Danelli e Gaetano Blaiotta.

Chi è artista è sempre Don Chisciotte, lotta continuamente prima con sé stesso e poi con il mondo intero, ponendosi domande a raffica e affrontando mulini a vento che si chiamano indifferenza, ignoranza e politica insipienza. Franco Rognoni, artista lo era fino al midollo, e con Don Chisciotte ci faceva i conti spesso, raffigurandolo nei suoi disegni a china acquarellati, con la figura del cavaliere errante spiccata senza togliere mai la penna dal foglio.

In mostra ci sono 22 splendidi disegni su carta intelata di proprietà di un caro amico di Rognoni, il poeta Stelio Carnevali (una sua lirica è presente nel catalogo), custoditi, come scrive Federica Lucchini nel testo del libretto, in «una casa “magica” di Luino, che lui ha abitato e custodito come uno scrigno prezioso, fonte di ispirazione, consona al suo animo».

Franco Rognoni è stato un curioso della vita e delle arti, attratto dalla pittura fin da bambino, allievo poi di Gianfilippo Usellini alla Scuola superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano e amico del grande critico Raffaello Giolli, che gli mise a disposizione la sua ricchissima biblioteca. Il giovane artista incominciò così a conoscere Modigliani, Sironi e Licini, ma anche Picasso, Chagall, Grosz, Klee e Kokoschka, assorbendone la lezione.

«È affascinante conoscere come Rognoni, nel suo studio di Milano quotidianamente allenasse la mano con il lapis e la penna a china», annota Federica Lucchini. «Una rapidità prodigiosa lo portava a riempire i fogli accanto. Sembrava che da un cappello di prestigiatore uscissero i suoi personaggi».

Definito da un critico «un bambino che tenta di evadere dalla sua malinconia contemplando le bolle di sapone», Franco Rognoni ci ha lasciato una straordinaria galleria di tipi umani, ritratti fortemente introspettivi di individui che si possono incontrare per strada o al bar, a volte segnati dalla vita, disillusi o stanchi, piegati dalla noia, occhialuti o con lo sguardo lontano, quasi assente. Forse, in ognuno di essi è presente, come sosteneva il critico Stefano Crespi, «la frase infinita di un autoritratto».